Fra le tipicità italiane più riconosciute al mondo rientrano gli agrumi, in special modo le arance. Sicilia e Calabria sono in tal senso le regioni in vetta alle produzioni nazionali, con la Trinacria che ospita i due terzi delle superfici ad arancio italiane, la metà degli ettari a mandarino e oltre l’80% delle superfici a limoni.
Più nello specifico, fra le province siciliane più vocate spicca Catania, ove si coltiva quasi la metà degli aranci dell’isola, rasentando l’esclusiva per le superfici coltivate con varietà a polpa rossa, di cui il 90% ricade proprio nella provincia dell’elefante, simbolo del Capoluogo.
Acqua come discrimine nella quantità e nella qualità delle produzioni. Questa è la prima testimonianza di Vito Amantia dell’omonima azienda sita a Lentini (CT), agricoltore dall’esperienza pluridecennale nella produzione di arance. La siccità può infatti impattare significativamente i raccolti, richiedendo specifici interventi irrigui ove ciò sia possibile.
Fra le avversità biotiche, gli afidi arrecano pochi danni quando le piante sono ormai adulte e ben strutturate, mentre a giocare il ruolo della vera protagonista è invece l’Aonidiella aurantii, la cocciniglia rossa forte degli agrumi, temibile soprattutto per chi coltivi varietà rosse. I suoi focolai, se non controllati tempestivamente, possono infatti espandersi velocemente su ampi porzioni degli agrumeti, moltiplicando i danni.
Contro di essa, oltre alle applicazioni di insetticidi specifici, viene seguita anche la pratica del lancio di imenotteri parassitoidi, utili anche nel contenimento dell’altro parassita chiave degli agrumi, ossia il Cotonello (Planococcus citri). Quest’ultima cocciniglia, una volta in vetta alle preoccupazioni degli agrumicoltori, oggi è scemata quanto a importanza anche grazie all’arrivo di nuove varietà a frutto singolo. Il parassita si avvantaggiava infatti dei punti di contatto tra i frutti, massimizzando i propri danni.
Se da un lato il rilascio dei parassitoidi permette di contenere parzialmente le popolazioni di cocciniglie, dall’altro richiede però una grande mole di lavoro. Il rilascio degli imenotteri va infatti realizzato mensilmente, spostandosi a piedi lungo i filari e nei diversi appezzamenti. Inoltre, nelle porzioni di agrumeto vicine alle strade di campagna, tendenzialmente polverose, l’efficacia dei lanci risulta più contenuta. In ogni caso, il solo rilascio degli insetti utili non risulta sufficiente a eliminare il problema, rendendo quindi necessari specifici trattamenti insetticidi.
La rarefazione dei prodotti utilizzabili, causa Revisione Europea, sta però togliendo agli agrumicoltori gli strumenti più efficaci in tal senso e ciò aumenta l’apprensione del comparto. Soprattutto la mancanza di insetticidi sistemici sta obbligando a modificare l’approccio tecnico, schierando in campo irroratori elettrostatici capaci di ottimizzare la distribuzione degli insetticidi che agiscono solo per contatto. Inoltre, anche le chiome delle piante devono essere potate al fine di rimanere più ariose, permettendo ai trattamenti di arrivare ovunque. Modifiche d’approccio, queste, che appesantiscono però i bilanci aziendali.
Nel corso degli ultimi anni si sono intensificati i rapporti fra produttori e mondo della ricerca, soprattutto universitaria. L’esperienza vissuta in passato con il virus della Tristeza ha confermato infatti che produzione e ricerca devono colloquiare al meglio per fronteggiare avversità altrimenti inarrestabili. All’orizzonte si staglia peraltro un’avversità ancora più temibile, ossia il cosiddetto Citrus Greening, malattia causata da un batterio (Liberibacter spp.) e nota anche come Huangolongbing o “malattia del ramo giallo”. In America questo batterio ha causato danni gravissimi all’agrumicoltura e se dovesse arrivare anche in Italia si rischierebbe di fronteggiare un’emergenza paragonabile a quella già sperimentata sugli olivi a causa di Xylella fastidiosa.
Punto di riferimento nella ricerca sugli agrumi è Alberto Continella, del Dipartimento Agricoltura, Alimentazione e Ambiente dell’università di Catania. I fronti di investimento partono ovviamente dalle innovazioni varietali, grazie alle quali si sono ampliate le finestre di raccolta degli agrumi. Se fino a vent’anni fa si raccoglieva tra gennaio e marzo, oggi si parte da novembre e si può arrivare fino a maggio, soprattutto grazie a nuove varietà a polpa rossa, rappresentate soprattutto dalle varietà Moro, Sanguinello e Tarocco. In special modo quest’ultima è apprezzata dai consumatori per la dolcezza e per la facilità di sbucciatura.
I parametri qualitativi sono inoltre cambiati nel tempo, valorizzando molto più che in passato la pigmentazione dovuta principalmente alle antocianine, sostanze che vengono sintetizzate dalle piante soprattutto nelle fasi più fredde della stagione. I loro effetti benefici sulla salute si esplicano tramite il contrasto ai radicali liberi e per tale ragione le arance rosse sono state elette a simbolo delle campagne dell’Associazione italiana per la ricerca sul cancro.
Altro filone portante della ricerca universitaria guarda invece ai portainnesti. Proprio grazie a tali investimenti è stato possibile sviluppare nuovi portainnesti capaci di conferire agli agrumi maggiore resistenza nei confronti del virus della Tristeza rispetto allo storico arancio amaro. I nuovi portainnesti hanno inoltre influito anch’essi sulla qualità finale dei frutti, a partire proprio dalla pigmentazione. Un limite di queste innovazioni è per contro la maggiore sensibilità alla siccità e alla salinità dell’acqua.
Su questo fronte la ricerca sta quindi sviluppando nuovi portainnesti che mantengano i caratteri favorevoli precedenti, ma meglio tollerino queste due avversità abiotiche grazie anche a chiome più contenute. Ciò riduce infatti i fabbisogni idrici delle piante e abbassa anche i costi di gestione, a partire da quelli per la potatura.
Insetti ormai autoctoni ai quali se ne sono aggiunti altri “alieni”. Circa i primi, diverse sono ormai le soluzioni impiegabili in agrumeto contro i parassiti chiave, come la citata Aonidiella aurantii. Giuseppe Massimino Cocuzza, entomologo dell’Università di Catania, ricorda in tal senso che oltre agli insetticidi e ai lanci di insetti utili si può ricorre all’uso di trappole per la cattura dei parassiti, come pure a trattamenti con olio minerale. Ciò ha permesso di ridurre drasticamente l’uso di insetticidi, qualificando oggi gli agrumi tra i frutti a miglior profilo residuale sul mercato.
Al contempo, gli agrumi hanno visto l’arrivo di molteplici specie aliene, anche a causa di scambi commerciali di piante e di materiali di propagazione sfuggiti ai pur meticolosi controlli fitosanitari. Dagli anni ’70 si contano infatti almeno 25 specie aliene di provenienza extra europea. Gli agrumeti sono però agroecosistemi complessi che raggiungono velocemente la stabilità e l’equilibrio fra specie diverse. A conferma, e a titolo esemplificativo, Phyllocnistis citrella, la minatrice fogliare degli agrumi: dopo aver destato allarmi severi negli anni ’90 è ormai divenuta uno sporadico problema solo nei vivai.
Due sono al momento i parassiti giunti dall’estero che destano grande preoccupazione. Il primo è Aleurocanthus spiniferus, insetto invasivo di recente introduzione appartenete alla famiglia degli Aleurodidi. Di origine tropicale, è stato segnalato per la prima volta in Puglia nel 2008, espandendosi velocemente in altre regioni italiane sino alla Sicilia. Qui, sebbene di carattere altamente polifago, Aleurocanthus spiniferus ha trovato terreno favorevole soprattutto sugli agrumi. Anche in tal caso, però, si stanno specializzando anche insetti predatori e parassitoidi che ne stanno seguendo l’espansione nell’isola. Altro problema di importazione, alcuni acari assenti sino ad alcuni anni or sono.
Massima attenzione infine per Diaphorina citri, la psilla asiatica degli agrumi, rinvenuta oltre che in Sicilia anche in Israele e a Cipro, poiché è insetto vettore del citato Citrus Greening. A oggi non esiste infatti ancora un rimedio contro questo batterio, quindi se quest’ultimo riuscisse a giungere in Italia troverebbe già ad attenderlo il suo insetto vettore preferenziale. Per l’agrumicoltura siciliana sarebbe la fine.
In tal senso, sono già attivi i servizi fitosanitari regionali, i quali operano in stretta collaborazione con le università. Il pericolo risiede soprattutto nei viaggiatori che portano con sé materiali vegetali, inconsapevoli dei rischi fitosanitari generati dai loro stessi comportamenti.