Una coltura di ottimo rendimento, l’orzo, con punte di produzione che superano le 9 tonnellate per ettaro di granella nelle aree a maggior vocazione colturale, ovvero quelle dell’Italia centrale. L’orzo è infatti coltivato lungo tutto lo Stivale, dal Veneto alla Sicilia, sfiorando attualmente i 270mila ettari complessivi. Regioni al top quanto a superfici seminate sono la Toscana, con 25.500 ettari, seguita dall’Emilia Romagna con oltre 23.000 e dalla Puglia con 21.800 ettari. Altre tre regioni si posizionano però sopra ai 20mila ettari, ovvero Lombardia, Abruzzo e Umbria. Superano comunque i 15mila ettari anche Lazio, Marche, Basilicata, Piemonte e Veneto, a dimostrazione di quanto sia versatile questa coltura rispetto alle differenti condizioni pedoclimatiche nazionali. Tendenzialmente sono però le regioni centrali quelle che permettono rese più elevate di granella. Se nelle aree settentrionali si raccoglie un range di 7-7,5 tonnellate, al centro il dato superiore sale sopra 9, mentre al Sud il dato inferiore può scendere intorno alle 6,5 tonnellate per ettaro. Una forbice produttiva che risulta in linea con quella di altri cereali a paglia, influenzati anch’essi da temperature, pluviometria e fertilità dei suoli. Diversi gli usi che dell’orzo possono essere fatti: si spazia da quelli alimentari umani a quelli industriali, per esempio per la produzione di birra e whisky grazie al malto fornito da specifiche varietà atte allo scopo. Non meno importante l’uso dell’orzo come foraggera autunno-vernina. Grazie a particolari orzi ibridi di recente introduzione sul mercato, per esempio, è possibile seminare orzo a ottobre e raccoglierlo a maturazione lattea entro metà maggio, permettendo quindi una semina diretta di colture in secondo raccolto, come mais o soia. L’azienda zootecnica potrà quindi utilizzare l’orzo come insilato a completamento del mix alimentare delle mandrie, anche perché nelle migliori condizioni si ottengono raccolti di oltre cento tonnellate per ettaro di materiale verde. Numeri decisamente alti rispetto a ciò che raccoglievano gli agricoltori del passato. L’orzo è infatti stata una delle prime colture seminate dall’uomo una volta passato da cacciatore-raccoglitore ad agricoltore-allevatore. Se ne trovano infatti tracce di coltivazione risalenti a quasi novemila anni fa. Per millenni l’orzo non ha però superato la tonnellata per ettaro, salendo velocemente nelle rese solo a partire dal Secondo Dopoguerra, quando genetica e chimica agraria hanno moltiplicato le produzioni finali.
Nutrizione
La produttività dell’orzo è strettamente legata alla disponibilità di nutrienti nel terreno. In tal senso, l’orzo richiede fra i 70 e i 110 kg/ha di azoto in funzione della fertilità del suolo e della varietà seminata. Anche le esigenze quanto a fosforo sono tutt’altro che marginali, necessitando la coltura di 70–100 kg/ha, preferibilmente da somministrare in porzione significativa direttamente alla semina tramite appositi fertilizzanti granulari. Infine, spaziano fra i 60 e i 120 kg/ha le richieste di potassio. Nelle aziende a vocazione mista, quindi dotate di stalle, giova la somministrazione di letame come fertilizzazione di fondo, da integrarsi poi durante la stagione con fertilizzanti di sintesi o di derivazione naturale, inclusi alcuni specifici biostimolanti.
La difesa fitosanitaria
Fra le pratiche di difesa più comuni ricadono i diserbi, atti a minimizzare la competizione delle malerbe con la coltura per acqua, nutrienti e luce. Al momento, autorizzati su orzo risultano oltre 120 prodotti commerciali contenenti per lo più le medesime sostanze attive utilizzate su frumento. Fra queste spicca iodosulfuron metil-sodio, una solfonilurea ad ampio spettro capace di controllare la maggior parte delle infestanti a foglie larga, in primis Galium, Veronica, papavero, Cirsium e diverse crucifere, come pure alcune graminacee quali loglio e falaride. Ciò qualifica la molecola come una fra le più efficaci e flessibili nel comporre programmi di diserbo “one pass”, capaci cioè di risolvere con un unico passaggio di post-emergenza ogni problema di malerbe. Questa sostanza attiva è contenuta in un solo prodotto attualmente autorizzato su orzo, ovvero Joystick® di Ascenza, in cui iodosulfuron metil-sodio è miscelato con diflufenican e florasulam al fine di ottenere lo spettro più ampio possibile contro le più comuni malerbe che infestano i cereali a paglia. La selettività verso la coltura è invece assicurata dalla presenza di cloquintocet-mexyl, antidoto agronomico specifico.